Gli scontri di Amsterdam, l’anti-sionismo e l’Impero del male
Ad Amsterdam, nella notte fra giovedì 8 e venerdì 9 novembre, i tifosi israeliani giunti nella città olandese per assistere alla partita dell’Europe League fra l’Ajax (la squadra di casa) e il Maccabi di Tel Aviv, sono stati aggrediti da gruppi organizzati di musulmani.
L’attacco ha suscitato lo sdegno internazionale soprattutto per la violenta carica di antisemitismo che ha dimostrato. Tutti i giornali hanno messo l’accento sul fatto che non è stato un semplice scontro fra tifoserie, ma è stata una vera e propria “caccia all’ebreo”. Si è parlato addirittura, con una certa esagerazione, di “pogrom” nel cuore dell’Europa e di nuova “notte dei lunghi cristalli”, con riferimento alle violenze contro gli ebrei scatenate in Germania dai nazisti il 9 e il 10 novembre del 1938.
Tuttavia non è questo, a mio parere, l’aspetto più grave dell’episodio. Le violenze antisemite, o meglio antisioniste, non sono certo una novità in Europa e si sono manifestate in maniera anche più clamorosa in diverse occasioni. Basti pensare alla guerriglia urbana avvenuta a Roma lo scorso 6 ottobre, in occasione della manifestazione “pro-Palestina libera”.
Le mobilitazioni anti-israeliane, come quelle che si sono moltiplicate in tutto mondo in occasione del primo anniversario dell’attacco di Hamas, erano però organizzate dall’estrema sinistra, con una larga partecipazione di studenti, che facevano la parte, se vogliamo, degli “utili idioti”. Le violenze di queste manifestazioni erano di matrice anarco-comunista, in Italia come negli Stati Uniti, dove sappiamo che molte tra le università più impegnate nella lotta a Israele, ricevono importanti sussidi dall’Arabia o dall’Iran.
Ma ad Amsterdam c’è stato qualcosa di più: abbiamo assistito ad un attacco pianificato, di matrice apertamente islamica. Un attacco che è avvenuto lontano dallo stadio, dopo la partita, con gruppi organizzati, ciascuno forte di decine di uomini, contro tifosi isolati. Gli aggressori erano olandesi, per lo più immigrati di seconda o terza generazione dai nomi arabi, come attesta l’elenco dei fermati dalla polizia, musulmani, più o meno credenti. Ciò conferma quanto da molti anni andiamo ripetendo. Il vero pericolo, in Europa, non è rappresentato solo dal terrorismo islamico, ma anche dall’Islam che cresce nelle scuole e nelle carceri, che si riunisce nelle moschee, che non si integra, e che si sta organizzando per destabilizzare le capitali europee non appena se ne presenterà l’occasione. Ad Amsterdam questo Islam radicale è sceso in campo in maniera scientificamente organizzata, ha “testato” per così dire la sua forza, mobilitandosi oggi contro Israele, ma pronto a mobilitarsi domani, con qualsiasi pretesto, contro l’Occidente cristiano, che è il vero ed ultimo nemico dei fedeli di Allah. E’ questo il frutto dell’islamo-gramscismo, cioè del tentativo di dar vita gradualmente, attraverso la prevalenza demografica e l’islamizzazione degli spazi sociali, a uno Stato islamico all’interno della società occidentale. Da qui nasce la possibilità di una guerriglia organizzata che potrebbe divampare soprattutto nei paesi a forte presenza islamica, quali appunto i Paesi Bassi, ma anche la Francia e la Germania, e poi estendersi a tutta l’Europa.
A questo punto c’è un’altra considerazione che va fatta. Il fronte anti-sionista vede oggi schierarsi, accanto all’Islam e all’estrema sinistra, una frangia di estrema destra, rappresentata anche da alcuni sacerdoti tradizionalisti. Per questi antisionisti di destra, come potremmo definirli, l’asse del male non è rappresentato dall’alleanza tra Russia, Cina ed Iran, ma da quella tra Stati Uniti e Stato di Israele. Essi come i più accaniti nemici dell’Occidente, auspicano il crollo dell’Impero americano e la scomparsa dello Stato di Israele. Però questi nemici di Israele e degli Stati Uniti hanno salutato con entusiasmo l’elezione di Donald Trump, che è un incontestabile amico di Israele.
A differenza di Joe Biden, Donald Trump è molto più favorevole a Israele di quanto non lo sia all’Ucraina. Non a caso il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito Trump il “miglior amico che Israele abbia mai avuto”. L’allora presidente americano ha infatti riconosciuto le rivendicazioni territoriali di Tel Aviv sulle Alture del Golan, ha spostato l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, ha favorito più di ogni altro gli accordi di Abramo tra Israele e Emirati Arabi e potrebbe assicurare a Netanyahu, un aiuto politico e militare maggiore di quello fornito dal presidente Biden, che più volte, negli ultimi mesi, ha cercato di frenare le iniziative militari del governo israeliano.
Proprio in questi giorni si è appreso che l’Fbi avrebbe sventato un piano dell’Iran per uccidere Donald Trump prima delle elezioni presidenziali.Il complotto è venuto alla luce durante l’interrogatorio di Farhad Shakeri, un cittadino afghano quinta colonna di Teheran, espulso dagli Stati Uniti dopo essere stato fermato con l’accusa di rapina. Secondo i documenti depositati in tribunale, le autorità iraniane avrebbero chiesto a Shakeri, descritto dall’Fbi come un “agente” dei Guardiani della Rivoluzione islamica, di organizzare il piano per uccidere Trump.
Il presidente Trump, oltre ad essere il migliore amico dello stato di Israele, è anche l’uomo politico che vuol rendere più potente l’Impero americano. Come è possibile che brindino alla sua elezione coloro che vedono negli Stati Uniti e nel sionismo il male radicale? Come si spiega questa contraddizione logica? Il regno del caos che oggi ottenebra le menti, è l’unica spiegazione che riesco a trovare.