Il Baldacchino di San Pietro
Il 27 ottobre, durante la Messa conclusiva del Sinodo, saranno rimosse le impalcature che per nove mesi hanno coperto il Baldacchino nella Basilica di San Pietro e il capolavoro del Bernini tornerà ad esaltare agli occhi dei fedeli il trionfo del Papato.
La Basilica di San Pietro è figura della Chiesa, edificata sulla tomba di Pietro. Questa Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è una società monarchica, ininterrottamente governata dai legittimi successori del principe degli Apostoli. Il primato di governo del Papa, pieno e immediato, costituisce il principio dell’unità di fede che sussiste solo nella Chiesa cattolica. Il fondamento della sovranità pontificia non consiste nel carisma della infallibilità, conferito da Cristo al solo Pietro in quanto capo della Chiesa, oltre che al Collegio apostolico unito a Pietro; ma nel primato di giurisdizione che il Papa possiede sulla Chiesa universale. Questo primato comprende, con il potere di magistero, il pieno potere di pascere la Chiesa nella sua totalità, di guidarla e di reggerla, come è stato definito dal Concilio Vaticano I (Denz-H, nn. 3065 e sgg.).
Nel corso della storia la Chiesa cattolica ha conosciuto molteplici scismi ed eresie, ma l’odio dei suoi nemici si è accanito soprattutto verso il Papato, proprio perché esso rappresenta il vertice visibile della Chiesa, il suo centro di gravitazione, il katechon destinato ad affrontare e a vincere le Porte dell’Inferno. Negli ultimi decenni, tuttavia, quello che Paolo VI ha definito, in un celebre discorso, «il fumo di Satana» (Omelia del 29 giugno 1972), è penetrato misteriosamente nel Tempio di Dio, creando un profondo disorientamento. Il Sinodo sulla Sinodalità del 2024 è una delle ultime manifestazioni di questa nebbia tenebrosa che ha suscitato l’allarme di autorevoli esponenti della gerarchia ecclesiastica. Il cardinale arcivescovo di Sydney, Anthony Colin Fisher, ad esempio, harecentemente dichiarato che il Sinodo «non può reinventare la fede cattolica o la Chiesa cattolica», perché queste costituiscono «un tesoro enorme che abbiamo ricevuto una generazione dopo l’altra prima di noi, fino a Nostro Signore Gesù Cristo e ai suoi Apostoli, E noi siamo qui per trasmetterlo fedelmente alle generazioni successive» (https://www.catholicworldreport.com/2024/10/16/australian-archbishop-synod-on-synodality-cannot-reinvent-the-catholic-faith/?fbclid=IwY2xjawF9u8ZleHRuA2F)
La “reinvenzione” della fede o della Chiesa cattolica non si limita alle richieste di ordinazione diaconale delle donne o di matrimonio dei preti, che costituiscono i dichiarati traguardi del progressismo cattolico. L’obiettivo ultimo, implicito nei fatti, più che espresso nelle parole, è la destrutturazione del Papato, sostituendo alla costituzione gerarchica della Chiesa, una “dimensione sinodale”, che la democratizza e la stravolge. E’ questo l’esito di un processo rivoluzionario, che viene da lontano e che mira, come già prevedeva nel 1977 il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, a trasformare in un inconsistente ectoplasma«la nobile e ossea rigidità della struttura ecclesiastica, come Nostro Signore Gesù Cristo l’ha istituita e venti secoli di vita religiosa l’hanno magnificamente modellata» (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, tr. it. Luci sull’Est, 1998, p. 158).
A questo processo di fluidificazione dell’autorità pontificia partecipano purtroppo anche alcuni di coloro che difendono la Tradizione della Chiesa contro gli errori e le deviazioni dottrinali del nostro tempo. Sono quelli che, attribuendo al solo papa Francesco, o principalmente a lui, la responsabilità dell’attuale crisi della Chiesa, ne dichiarano l’illegittimità, definendolo un antipapa e un usurpatore che occupa arbitrariamente la Cattedra di Pietro. Per essi, come è stato giustamente osservato, la figura del Papa diviene di fatto superflua per la vita e l’esistenza della Chiesa e il rifiuto di papa Francesco di fatto si trasforma nella negazione dell’autorità del Romano Pontefice (Parole chiare sulla Chiesa, a cura di don Daniele Di Sorco, Edizioni Radio Spada, 2023, pp. 87-90).
La fallacia di queste posizioni è dimostrata inoltre dall’esistenza di aspre polemiche tra coloro che accusano papa Francesco di essere un falso Papa. Il dinamismo di vorticosa auto-frantumazione è inevitabile quando si perde il principio unitario della Chiesa, come ha dimostrato Bossuet nella sua celebre Storia delle variazioni delle chiese protestanti (1688).
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò, il più conosciuto esponente di questi “anarco-vacantisti” (cfr. https://www.corrispondenzaromana.it/larcivescovo-vigano-verso-lanarco-vacantismo-2-parte/), sostiene l’invalidità dell’elezione di Jorge Maria Bergoglio per manifesta eresia e “vizio di consenso”. Il giornalista Andrea Cionci e il sacerdote (ridotto allo stato laicale) Alessandro Minutella, rifiutano le critiche dottrinali di mons. Viganò ai Papi conciliari e dichiarano papa Francesco antipapa, a causa della nullità canonica dell’abdicazione di Benedetto XVI, che rimane il loro punto di riferimento. Sulla stessa linea è sceso recentemente in campo il sacerdote carmelitano Giorgio Maria Farè. Ma quando padre Farè, appoggiato da Cionci, ha annunciato che presenterà ricorso canonico contro la prevedibile scomunica che lo colpirà, viene accusato da Minutella di essere in contraddizione, perché rivolgendosi al Tribunale vaticano, riconoscerebbe la giurisdizione della “neo-chiesa” bergogliana. Per Minutella, Viganò, convocato dal Dicastero per la dottrina della Fede, ha con più coerenza rifiutato di presentarsi davanti alla “setta bergogliana”. Ma davanti alla violenza verbale delle ultime esternazioni dell’ex-nunzio negli Stati Uniti, anche sacerdoti e laici che lo hanno sempre sostenuto, prendono ora le distanze lui. La confusione è somma e nessuno è in grado di opporre un’alternativa all’antipapa Francesco che occuperebbe abusivamente la sede apostolica.
La storia della Chiesa conta numerosi “antipapi”, da sant’Ippolito (217-235), fino a Felice V (1439-1449), senza contare qualche irrilevante pretendente contemporaneo. Il Dizionario storico del Papato diretto da Philippe Levillain enumera circa quaranta antipapi (Bompiani, 1996, pp. 73-76). Un recente saggio di Mario Prignano (Antipapi. Una storia della Chiesa, Laterza, 2024), li passa in rassegna, senza arrivare a definirne con precisione il numero, ma sottolineando l’importanza di questi conflitti per comprendere la storia della Chiesa.
In realtà, proprio l’esistenza di questi antipapi sta a dimostrare che la Chiesa non può stare senza Papa. La cosiddetta “Sede Vacante” è una fase transitoria prevista dal diritto canonico tra la morte e di un Romano Pontefice e l’elezione del suo successore, ma in questo breve periodo la struttura della Chiesa rimane immutata. E’ teoricamente possibile che un Papa perda il pontificato per eresia, anche se ciò non è mai accaduto nella storia, ma di certo la Chiesa non può vivere senza un Papa.
Chi oggi afferma l’esistenza della sede vacante, a causa delle eresie di papa Francesco, dell’illegittimità della sua elezione o della nullità dell’abdicazione di Benedetto XVI, non può ignorare un fatto innegabile: l’accettazione della Chiesa universale come criterio teologico che assicura la legittimità de Pontefice. Altrimenti spoglia la Chiesa del suo carattere di società visibile, privandola, oltretutto, della sua possibilità di intervenire, in futuro, in maniera ultimativa per risolvere la crisi attuale. Solo una voce suprema e solenne può por fine al processo di autodemolizione in atto: quella del Romano Pontefice. Cristo, infatti, cammina sulle onde fluttuanti della storia con Pietro e con i suoi successori, ai quali continua a rivolgere le parole impresse all’interno della cupola che sovrasta il Baldacchino di San Pietro: «Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam»; “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le Porte dell’Inferno non prevarranno contro di Essa”.