Si è svolta, dal 25 al 28 luglio 2024, a Subiaco, l’Università d’Estate della Fondazione Lepanto sul tema: Il mondo che verrà uno sguardo sul futuro.
Nel mio breve discorso di apertura, ho cercato di spiegare il significato di questa Università d’Estate, che si è tenuta, come gli anni precedenti presso il Monastero di Santa Scolastica, sotto la protezione di San Benedetto.
Il fine di questa iniziativa, che da nove anni si ripete, è quello di offrire degli strumenti intellettuali per comprendere meglio il confuso tempo in cui viviamo. Offrire strumenti intellettuali significa offrire elementi di informazione, e soprattutto di riflessione per sviluppare quel senso critico, che ci aiuta a discernere quanto di vero o di falso viene proposto alla nostra intelligenza dalla società contemporanea.
Al centro dunque è l’idea di “Verità”. San Tommaso d’Aquino definisce la verità come la conformità del pensiero e del reale, l’adattamento del pensiero al reale, che non è solo quello sensibile, che cade sotto i nostri occhi, ma è prima di tutto la realtà metafisica, l’ordine dei princìpi assoluti quello secondo cui ogni bene, ogni verità, ogni bellezza devono essere giudicati.
L’uomo del Medioevo aveva un senso critico superiore al nostro perché la sua visione del mondo si fondava su un ordine di verità immutabili che costituivano i suoi parametri di giudizio. L’uomo contemporaneo è privo di senso critico e vaga tra inganni e illusioni, proprio perché ha smarrito l’esistenza di una verità che si impone alla nostra intelligenza e fa della propria intelligenza e della propria volontà la misura del reale, e dunque costruisce una realtà a propria misura, finendo col vivere in una realtà immaginaria.
L’uomo contemporaneo non ha letto Cartesio o gli autori dell’illuminismo, però la perdita della verità nella società attuale è la conseguenza di quella rivoluzione intellettuale che tra il XVII e il XVIII secolo, a partire soprattutto dalla Francia, pretese di illuminare le tenebre della civiltà medioevale con la luce della ragione.
La caratteristica principale del razionalismo che da Cartesio prende avvio è quella di intendere il pensiero come fondamento dell’essere, ribaltando così la concezione realista, per la quale è la conoscenza che si fonda sull’essere: l’essere relativo delle cose, che è una partecipazione dell’Essere supremo di Dio.
Le radici cartesiane della filosofia moderna si sviluppano nel principio dell’immanenza, che fa dipendere l’essere dalla coscienza, il sum dal cogito. L’intelligenza conosce sé stessa prima di conoscere l’essere.
Il detto di Hegel nella sua Fenomenologia dello spirito, secondo cui “la coscienza ha in lei stessa la propria misura”, è una conseguenza del principio di immanenza cartesiano. Il principio di immanenza afferma che tutto ciò che si fa presente all’uomo nella sua coscienza non dipende da una realtà esterna, ma procede dall’attività della coscienza stessa.
San Pio X nell’enciclica Pascendi individua nel principio di immanenza il cuore filosofico del modernismo. L’intelligenza, come ha osservato il filosofo belga Marcel De Corte, non riceve più la sua legge dal reale, ma diviene la legislatrice suprema, che impone le sue norme alla realtà. Se però l’intelligenza si emancipa dall’essere delle cose, è destinata ad estinguersi, perché rimane priva del suo naturale oggetto e inizia, per così dire, a girare a vuoto
L’intelligenza umana, affermando la sua autosufficienza, crede di celebrare il suo trionfo, ma segna invece il suo suicidio. Il pensiero infatti, privo dei supremi principi metafisici e morali che gli possano essere di guida, si ripiega su sé stesso e si auto-distrugge.
Questo cammino di autodistruzione dell’intelligenza caratterizza il relativismo contemporaneo e oggi si è esteso dai libri dei filosofi a tutta la società. Il virus intellettuale ha prodotto una malattia sociale, trasferendosi dal piano teoretico a quello psicologico ed esistenziale. Il prof. Plinio Corrêa de Oliveira parla giustamente di “atrofia della ragione”.
La cosiddetta società dell’informazione, di cui “Wikipedia” è simbolo, favorisce questa atrofia del pensiero. L’informazione presuppone una massa di notizie non ordinate, tra loro secondo una verità ordinatrice. Oggi siamo schiacciati dall’informazione e privi di quella formazione, che presuppone l’ascesa intellettuale attraverso una scala di valori di riferimento. Se questa scala di valori manca, le scelte avvengono non in base a ciò che è vero, ma a ciò che ci conviene o ci piace.
Vero e falso sono correlativi e dunque divengono strumentali. Alla realtà oggettiva si sostituisce la narrazione soggettiva. La narrazione trionfa perché non crediamo ciò che è vero, ma ciò che ci piace credere. Ognuno costruisce la propria narrazione. E’ il brodo di cultura in cui nascono le fantasie complottiste alimentate da gruppi di potere internazionali.
Vogliamo spezzare queste bolle narrative, riaffermando il primato della verità, quella oggettiva, che è la conformità dell’intelligenza al reale. Per noi la parola verità ha un senso, come lo aveva per santa Teresina di Lisieux, che alla fine della sua vita pronunciò queste parole illuminanti: “Sì, mi sembra che io non abbia mai cercato che la verità; sì, ho compreso l’umiltà del cuore”; “Io non ho mai fatto come Pilato che rifiutò di udire la verità. Al buon Dio ho sempre detto: O mio Dio, voglio sentirti bene, te ne supplico, rispondimi, quando ti dico umilmente: Che cos’è la verità? Fa’ che io veda le cose come sono, che niente mi getti polvere negli occhi»
Cercare la verità significa voler vedere le cose come sono. Attenersi alla realtà delle cose, all’essere delle cose. Cercare in primo luogo non l’affermazione narcisistica del proprio io, il successo, la ricchezza, l’amore come lo dà il mondo, ma cercare la verità, anche quando questo implica sforzo, sofferenza e lotta. E la verità non è diversa da Gesù Cristo, che così si è auto-definito: “Io sono la Via, la Verità, la Vita “ (Gv, 14, 6).
E’ questo lo spirito dell’Università d’Estate della Fondazione Lepanto.
L’Università d’Estate della Fondazione Lepanto: alla ricerca della Verità