La Chiesa nella sua storia ha conosciuto molte epoche di crisi interna, che però hanno suscitato, come reazione, grandi movimenti di riforma spirituale e morale. Uno dei momenti di maggior decadenza ecclesiastica fu il XVI secolo, quando i princìpi dell’umanesimo e del Rinascimento penetrarono all’interno della Chiesa, soprattutto in Italia. Ma dall’Italia partì un movimento di riforma cattolica che ebbe tra i suoi primi protagonisti il laico Ettore Vernazza (1474-1524), discepolo di santa Caterina da Genova, fondatore delle Compagnie del Divino Amore, e san Gaetano di Thiene (1480-1547), fondatore dell’ordine dei Teatini. Su questa scia si inserì il fondatore dei Barnabiti, sant’Antonio Maria Zaccaria, canonizzato da Leone XIII nel 1897. La sua festa ricorre il 5 luglio e ci dà l’occasione di ricordarlo.
Antonio Maria Zaccaria nacque a Cremona nella prima quindicina di dicembre 1502 da una famiglia nobile e agiata. Due mesi dopo la nascita, gli morì il padre. La madre, appena diciottenne, rinunciò a risposarsi per dedicarsi completamente all’educazione del figlio secondo i princìpi di una fede cattolica autenticamente vissuta. Antonio nel 1520 si iscrisse all’università di Padova, una delle più celebri d’Europa, si laureò in medicina ed esercitò per circa tre anni la professione medica. Ma egli sentiva che la cura delle anime era più urgente di quella dei corpi. Abbandonò la professione e il 20 febbraio 1529, fu ordinato sacerdote. Durante la sua prima messa accadde un prodigio: alla elevazione dell’ostia uno stuolo di figure angeliche fu visto comparire attorno al celebrante dai numerosi fedeli che gremivano la chiesa. L’episodio fu confermato da numerosi testimoni oculari e poi riportato dai primi biografi del santo.
Il medico-sacerdote Antonio Maria Zaccaria fu quindi cappellano della contessa di Guastalla Ludovica Torelli, e con il suo sostegno fondò a Milano una comunità di sacerdoti soggetti a una regola comune, i Chierici regolari di San Paolo, che presero il nome di Barnabiti, dal nome della chiesa di San Barnaba, loro prima sede, Fondò quindi le Angeliche di San Paolo, primo esempio di suore fuori clausura, alle quali però il Concilio di Trento prescrisse il monastero e i Maritati di San Paolo, laici sposati, che assumevano le stesso impegno apostolico degli altri due ordini religiosi. I tre istituti avevano come modello la figura e l’insegnamento di san Paolo.
Per ravvivare la fede del popolo, Antonio Maria Zaccaria inviò i suoi discepoli a compiere penitenze pubbliche per le vie di Milano e di altre città, e sviluppò l’adorazione pubblica al Santissimo Sacramento. Fu uno dei promotori delle cosiddette “Quarantore” di adorazione eucaristica permanente. Il popolo ne fu edificato, ma la reazione del clero e dei cosiddetti cattolici moderati fu dura: venne accusato di eresia e dovette subire ben due processi, nel 1534-35 e nel 1537, dai quali però uscì pienamente assolto. Da allora intensificò le opere apostoliche: il suono della campana alle 15 di ogni venerdì per ricordare ai fedeli l’ora in cui morì Gesù; la predicazione della parola di Dio anche nei crocicchi e nelle strade; l’apostolato della direzione spirituale e della comunione frequente; le Missioni popolari permanenti, la riforma dei monasteri. Colpito da broncopolmonite a Guastalla, si fece portare a Cremona dove morì il 5 luglio 1539, non ancora trentasettenne, assistito dalla madre. Il suo corpo si venera nella chiesa di San Barnaba a Milano.
Tra i religiosi barnabiti che si distinsero per la loro santità, ricordiamo sant’Alessando Sauli (1534-1592), poi vescovo di Pavia, uno dei più stretti collaboratori a Milano di san Carlo Borromeo, e san Francesco Saverio Maria Bianchi (1743-1815) l“Apostolo di Napoli“, che con un suo gesto di benedizione fermò la lava del Vesuvio durante le eruzioni del 1804 e 1805.
Ricordiamo anche padre Gregorio Agostino Maria Šuvalov, russo, convertito alla fede cattolica dall’ortodossia, che si offrì vittima per la conversione della sua patria, e Ignazio Paternò Castello dei principi di Biscari, che divenne religioso barnabita, in accordo con la moglie Angelina Auteri, divenuta a sua volta carmelitana scalza. Ordinato sacerdote con il nome di padre Ignazio, morì il 27 ottobre 1944 nel convento dei Barnabiti di Monza, anch’egli, come la moglie in fama di santità.
Ricordiamo infine che ai Barnabiti si deve una particolare venerazione alla Madonna sotto il titolo di Mater Divinae Providentiae. L’origine di tale titolo viene fatta risalire a un quadro dipinto nel XVII secolo dal pittore Scipione Pulzone. L’immagine, che raffigura la Madonna che rivolge uno sguardo amorevole al Bambino Gesù, è esposta nella chiesa di San Carlo dei Catinari a Roma, ed è presente in ogni casa e cappella barnabita.
Nella preghiera a Maria, Madre della Divina Provvidenza, i Barnabiti chiedono soprattutto la vittoria sulla tiepidezza «questa pestifera e maggiore nemica di Cristo crocifisso», come la chiamava il santo fondatore, Antonio Maria, che sempre esortò i suoi figli a combatterla per spargere dappertutto la “vivezza dello spirito e lo spirito vivo“.
San Luigi Orione accolse e sviluppò il culto della Madonna della Divina Provvidenza, che venerò anche sotto il titolo di Mater Dei. Riferendosi al titolo Madonna della Divina Provvidenza disse: “Come gli Agostiniani hanno la Madonna del Buon Consiglio… I Francescani, che furono i difensori della Immacolata, hanno l’Immacolata… la Madonna nostra della Divina Provvidenza, è la Mater Dei, la onnipotente per grazia”. Fino a chiamarla Mater Christi ci arrivava pure Nestorio e anche i modernisti ci arrivano. Ma noi dobbiamo, anche nella devozione alla Madonna, piantare e seminare nei cuori la fede cattolica… Noi ponendo questa devozione, mettendo in rilievo la Mater Dei, fissiamo i punti cardinali della fede: la divinità di Cristo”.
La Divina Provvidenza è Dio stesso, che nella Sua Sapienza, onnipotenza e amore infinito, dirige e ordina alla sua gloria il mondo creato. La Madonna, Madre di Dio, per divino privilegio, è associata a questo ruolo direttivo delle nostre anime e del mondo intero. E’ Lei che ci assiste, ci guida e ci aiuta a compiere la maggior gloria di Dio, il nostro fine ultimo, che coincide con la nostra felicità. Le radici di questa spiritualità profondamente cattolica risalgono anche a un santo medico che nel XVI secolo, scelse di dedicarsi completamente a Dio, per reagire contro la decadenza morale del suo tempo.
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