Roberto de Mattei
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Papa Francesco, J. D. Vance e l’Ordo amoris
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Papa Francesco, J. D. Vance e l’Ordo amoris

Nelle ultime settimane c’è stata una discussione che ha visto coinvolti da una parte il vice-presidente americano James David Vance e dall’altra papa Francesco. E’ accaduto che in un’intervista all’emittente americana Fox, Vance, volendo giustificare la politica di Trump sull’immigrazione, ha ricordato il cosiddetto Ordo amoris , la gerarchia della carità, per cui l’amore per il vicino precede quello per il lontano. Papa Francesco ha replicato il 10 febbraio, in una lettera ai vescovi degli Stati Uniti d’America, ribadendo il primato dell’amore ai migranti e ai rifugiati “Il vero ordo amoris che occorre promuovere – ha detto il Papa – è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del “Buon Samaritano” (cfr. Lc 10, 25-37), ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni”.

Senza entrare nel dibattito tra il Papa e il vice-presidente americano, vorrei a limitarmi a ricordare qual è l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino sull’ordine dell’amore, al quale dedica un’ampia parte della Summa Theologiae, la questione 26 della Secunda-Secundae.

La carità, spiega il Dottore angelico è una virtù teologale infusa da Dio nella volontà per cui amiamo Dio per sé stesso sopra tutte le cose e noi e il prossimo per amor di Dio. Possiamo definirla anche un’amicizia tra Dio e l’uomo. Come ogni amicizia essa importa una vicendevole benevolenza, fondata sulla comunicazione dei beni.

La carità ha Dio come primo oggetto ma si riferisce anche al prossimo. Il prossimo infatti è un bene di Dio e partecipa, o può partecipare della sua eterna beatitudine. Per questo l’amore di carità con cui amiamo il prossimo è specificamente identico a quello con cui amiamo Dio. Non ci sono due carità, ma una sola, giacché il motivo formale di amore verso il prossimo è sempre la bontà di Dio in quanto si riflette in esso.

La carità deve avere un ordine, una gerarchia. L’ordo amoris (ordine dell’amore) è un concetto che è stato formulato per primo da sant’Agostino, ma che è centrale nella teologia di san Tommaso. L’amore è infatti un atto della volontà che tende verso un bene. Tuttavia, non tutti i beni hanno lo stesso valore: devono essere amati secondo il loro giusto ordine (ordo). Questo significa che esiste una gerarchia dell’amore, in cui i beni superiori devono essere amati più di quelli inferiori. La gerarchia è questa:

In primo luogo dobbiamo amare Dio nel modo più assoluto e sopra tutte le cose. Dio è il bene supremo dell’universo.

Poi viene l’amore di sé e quello del prossimo. L’amore di sé precede quello del prossimo. Infatti, come scrive sant’Agostino: “Se non sai amare te stesso, come potrai amare veramente il prossimo?”.

L’amore di sé e quello del prossimo devono essere però subordinati all’amore di Dio. Per questa ragione dobbiamo amare il bene spirituale della nostra anima, più ancora di quello del prossimo, ma dobbiamo amare il bene spirituale del prossimo più del bene del nostro corpo, che è un bene di natura inferiore a quello spirituale.

L’amore che si può legittimamente avere verso i beni materiali e temporali è l’ultimo nell’ordine. Anche in questo caso tali beni, devono essere amati in quanto strumenti per raggiungere Dio, non come fini in sé stessi.

Nella carità verso il prossimo esiste poi una seconda scala gerarchica. Sul piano naturale bisogna amare di più la nostra famiglia, quindi i nostri compatrioti e poi, tutti gli altri, a cerchi concentrici. Nella famiglia l’ordine oggettivo reclama il primo posto ai genitori, ai quali dopo Dio dobbiamo la vita. Questo non impedisce che, di fatto, sul piano soggettivo, si possa amare con maggiore intensità la sposa o i figli invece dei genitori. In Cielo però l’ordine deriverà solo dal rapporto con Dio, a cui tutto sarà perfettamente ordinato, perciò ameremo di più, e non solo soggettivamente, ma anche oggettivamente, quelli più vicini a Dio di quelli più vicini a noi.

C’è infine una scala di carità soprannaturale, che è la più importante, perché è quella che rimarrà in Paradiso. I peccatori in quanto tali non sono degni del nostro amore, giacché sono nemici di Dio. Però in quanto uomini sono creature di Dio, capaci di raggiungere l’eterna beatitudine e in questo senso si possono e si debbono amare. Dobbiamo odiare nei peccatori quello che hanno di peccatori e amare quello che hanno di uomini creati da Dio e redenti dal Verbo Incarnato.

Per la stessa ragione dobbiamo amare anche i nostri nemici, non in quanto nemici, ma in quanto uomini e, se necessario, dobbiamo soccorrerli spiritualmente, ad esempio con le preghiere.

Bisogna amare gli angeli, i beati e le anime del purgatorio, ma non è lecito amare né i demoni, né i dannati, perché sono irrimediabilmente cristallizzati nel loro odio a Dio e questo ci separa da loro

Per san Tommaso, l’ordo amoris non è solo una questione morale, ma una struttura ontologica che riflette l’ordine stesso del creato. Questa struttura implica che l’amore non è solo un sentimento, ma un atto razionale che segue una logica divina. Naturalmente noi possiamo amare il nostro prossimo per motivi diversi dall’amore di Dio. Ecco che allora il nostro amore diviene disordinato. Il nostro amore è ordinato o disordinato a seconda se è fondato sull’amore di Dio e dunque sul rispetto e sull’amore della sua legge.

Quando l’ordo amoris viene alterato, si cade nel peccato, che è proprio un disordine dell’amore. Ogni peccato, in fondo, è un problema di ordo amoris: amiamo qualcosa più di quanto dovremmo o meno di quanto dovremmo.

L’uomo raggiunge la vera felicità (beatitudo) quando ordina il suo amore in modo corretto. La beatitudine suprema, per Tommaso, è la visione beatifica di Dio. L’ordine dell’amore guida sulla terra l’uomo verso questa meta, insegnandogli ad amare ogni cosa secondo il suo valore reale. San Giovanni della Croce diceva che al tramonto della nostra vita saremo giudicati sulla carità, che è il retto ordine dell’amore a cui siamo chiamati.

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