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Sant’Ignazio di Loyola, modello di combattente cristiano
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Sant’Ignazio di Loyola, modello di combattente cristiano

In ogni epoca drammatica della storia della Chiesa, la Divina Provvidenza suscita i suoi campioni per combattere errori, scismi, ed eresie. Così accadde cinque secoli fa, quando la Rivoluzione protestante devastò la Cristianità. Il parallelo tra la vita del monaco apostata Martin Lutero (1483-1546) e sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), l’uomo che sbarrò il passo alla Rivoluzione da lui avviata, colpisce ed è fonte di riflessione e di amore alla Chiesa.

Il 31 ottobre 1517, il frate agostiniano Martin Lutero, di 33 anni, affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg, in Sassonia, le sue 95 tesi eretiche che segnano l’inizio della rivolta protestante. Dopo che il Papa condannò i suoi errori, nel 1520 l’imperatore Carlo V lo convocò alla Dieta imperiale di Worms, per giustificare le sue posizioni. Il 10 dicembre dello stesso anno Lutero fece bruciare nella piazza di Wittenberg i testi del diritto canonico e la bolla papale che lo minacciava di scomunica. Il 3 gennaio 1521 il papa Leone X scomunicò Martin Lutero con la bolla Decet Romanum Pontificem. A Worms, Lutero ribadì le sue tesi eretiche davanti a Carlo V e ai principi tedeschi e l’8 maggio 1521, l’imperatore proclamò un editto con il quale lo mise al bando dall’Impero. Lutero fuggitivo fu protetto nel castello della Wartburg dal principe elettore del Palatinato. 

In quegli stessi giorni del mese di maggio del 1521, una fortezza spagnola fedele all’imperatore Carlo V, che era anche re di Spagna, venne presa d’assedio dai francesi a Pamplona, in Navarra. Tra i difensori della città assediata c’era un giovane di trent’anni, il cavaliere Íñigo di Loyola. Il 19 maggio la città cadde in mano al nemico, mentre Íñigo e i suoi rimasero a difendere l’ultimo baluardo, rifiutando le condizioni poste dall’assediante, per la loro resa. Il giorno dopo durante i bombardamenti un tiro colpì in pieno la gamba destra di Íñigo rompendogliela in più parti. 

Dopo quindici giorni di degenza a Pamplona, Íñigo venne trasportato in barella alla casa paterna. Il suo stato era grave e più volte si temette per la sua vita. Solo dopo dolorose operazioni, stoicamente sopportate,  egli poté ristabilirsi, pur non potendosi reggere bene sulla gamba. Rimase così zoppicante per il resto della vita. 

Nei giorni in cui fu costretto a letto, Íñigo lesse la Vita Christi, del certosino Landolfo di Sassonia, e la Leggenda aurea di Jacopo da Varazze, convincendosi che l’unico vero Signore al quale avrebbe dovuto dedicare la sua vita era Gesù Cristo. Sostò presso il celebre santuario di   Montserrat, dove, il 25 marzo1522, durante una vera e propria veglia militare dedicata alla Madonna, come un antico cavaliere, appese la sua spada davanti a un’immagine della Vergine Maria dedicando la sua vita a una nuova entusiasmante battaglia.  Cambiò il nome in Ignazio e raggiunse la cittadina di Manresa, dove rimase per un anno nella preghiera e nella penitenza e dove compose il suo celebre libro degli Esercizi Spirituali.

Allo stendardo del libero esame, scrive dom Guéranger, Ignazio oppose come suo unico emblema Per la maggior gloria di Dio! La Rivoluzione protestante aveva messo in campo un esercito alla cui testa, dopo Lutero, erano Zwingli, Calvino e tanti altri eresiarchi. La Divina Provvidenza schierò una legione di santi, alla cui testa fu sant’Ignazio e la Compagnia di Gesù, da lui fondata. Il Papa Paolo III nel 1540 ne approvò la regola. La Compagnia di Gesù era una milizia, raccolta sotto il vessillo della Croce, che aveva come fine la propagazione della fede. Oltre ai tre voti consueti di povertà, castità e obbedienza, i Gesuiti dovevano prestare un quarto voto di obbedire al Romano Pontefice in tutte le missioni che avesse loro affidato. Grazie allo spirito militante e alla ferrea organizzazione, i Gesuiti si diffusero rapidamente in tutta Europa, conquistando posizioni importanti nelle corti, nelle università e nella direzione spirituale di principi e sovrani.  

Al centro della spiritualità della Compagnia furono gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, un libro ispirato, che secondo san Francesco di Sales ha prodotto più santi delle lettere dell’alfabeto in essi contenuti. Tra questi santi furono Pierre Favre e Pietro Canisio, che, contro il luteranesimo, rinnovarono in Germania lo spirito cristiano, mentre san Francesco Saverio, tra il 1540 e il 1552, svolse una prodigiosa attività missionaria in India e in Giappone. 

Quando sant’Ignazio morì a Roma il 31 luglio 1556, la Compagnia di Gesù contava oltre mille religiosi, divisi in quattro assistenze nazionali e dodici provincie, con cento fra case e collegi. 

Sant’Ignazio ci insegna che la vita è lotta e che l’anima di ogni uomo è un campo di battaglia nel quale si affrontano il bene e il male. Gli Esercizi spirituali sono imperniati su di un’implacabile logica, da cui discende l’attitudine militante del cristiano, chiamato a scegliere tra due bandiere, “l’una di Cristo, sommo Capitano e Signore nostro, l’altra di Lucifero, mortale nemico della nostra umana natura” (Esercizi, nn. 136-138).

Il prof. Plinio Correa de Oliveira, che conobbe gli Esercizi a vent’anni, e ne fu trasformato, vide in essi un perfetto esempio di combattività. “Siamo figli della lotta – scrisse –  perché figli di una Madre che lotta e schiaccia continuamente il capo al serpente. Siamo dei combattenti per vocazione, e ogni volta che non ci sentiamo dei lottatori smarriamo la nostra fisionomia e il nostro spirito. Siamo nella lotta, viviamo nella lotta, viviamo per la lotta, e speriamo poter morire nella lotta (…) La fede capace di ispirare l’eroismo è quella che ha uno spirito militante. Per noi, è sinonimo dell’amore alla croce, perché la nostra croce va portata alla maniera dei cavalieri”.

Sant’Ignazio fu un modello di cavaliere del suo tempo, ma anche la nostra epoca ha bisogno di cavalieri e di soldati che facciano della loro vita una lotta contro i nemici della Chiesa e della Civiltà Cristiana che la Rivoluzione incessantemente mette in campo.

In questa guerra, che durerà fino alla fine dei tempi, chi sceglie di combattere la buona battaglia, ha già vinto.

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